La respirazione consapevole nella camminata in alta quota
Make sense, Grounding, Qualità della presenza, Mindfullness
14 Apr 2020
L’essere umano può resistere settimane senza cibo, giorni senza acqua, ma neppure cinque minuti senza aria. Quanto riflettiamo sulla respirazione? Ci soffermiamo a pensare al lavoro di quei muscoli involontari che ci tengono costantemente vivi?
L’essere umano può resistere settimane senza cibo, giorni senza acqua, ma neppure cinque minuti senza aria. Sin dai nostri primi istanti di vita abbiamo imparato a respirare. Magari con una pacca leggera dell’ostetrica sulla schiena, sprigionando quell’urlo di liberazione e di venuta al mondo.
Abbiamo respirato in maniera automatica, istintiva. Da quel giorno, in maniera più o meno inconsapevole, attingiamo ossigeno dall’atmosfera, portandolo in noi ed eliminando l’anidride carbonica dai nostri polmoni. Una funzione naturale di cui spesso dimentichiamo l’importanza.
La respirazione è la nostra linfa vitale, il nostro soffio energetico, il motore aereo del nostro sangue e del nostro cervello. Ma ci siamo mai chiesti se respiriamo nel modo giusto? Probabilmente no, o magari, sebbene posti di fronte al quesito, abbiamo dato risposta affermativa…d’altronde come si potrebbe respirare nel modo sbagliato?! È un gesto così semplice e scontato!
Certo. Finché non ci si avventura in montagna. La montagna offre nuove risposte alle nostre domande: lo fa cambiando i paradigmi entro cui solitamente ci poniamo tali domande. In alta quota l’aria si fa più rarefatta e la pressione atmosferica aumenta. Per cui quando in escursione affrontiamo una ripida salita, quando gli zuccheri nel sangue calano, può capitare di avvertire alcuni sintomi: lievi dolori al torace, battito accelerato, affanno e talvolta nausea, capogiri, vertigini. Un malessere generale che rischia di trasformare un trekking in una via crucis. Il livello biossido di carbonio nei polmoni aumenta e il fiato si accorcia sempre di più.
Da cosa dipende tutto questo? Ebbene sì, anche da una cattiva gestione della respirazione.
Presupponendo una preparazione atletica di base, attivare una respirazione consapevole ed esercitarla con perseveranza ci permette di recuperare il pieno controllo del nostro benessere anche durante questi sforzi prolungati. In montagna, la natura stessa entro cui siamo immersi regala un’ossigenazione diversa ai nostri polmoni. Come attivare quindi una respirazione consapevole? Coordinando in maniera armonica il respiro ai passi e al ritmo di braccia e bastoncini: i movimenti del corpo sono l’impulso regolatore e lo stimolo ritmico del respiro. La sincronia si manifesta progressivamente, e ci si accorgerà pian piano che la coordinazione avviene in maniera sempre più automatica. Passi brevi, costanti e regolari facilitano ciò. Ad aiutarci sono i due movimenti base della respirazione: l’inspirazione e l’espirazione.
Durante l’inspirazione, iniziamo col porre attenzione a come estendiamo il diaframma, sollevando le costole e ampliando la capacità toracica. I polmoni si caricano di ossigeno. Con l’espirazione, le costole si abbassano e il diaframma si restringe, i polmoni vengono compressi e l’aria carica di anidride carbonica viene esalata via dal corpo.
La respirazione diaframmatica (o addominale) è la più profonda e ci permette di irrorare il nostro corpo della maggiore quantità di ossigeno. Normalmente, una persona si limita alla respirazione “alta”, che utilizza solo un terzo della capacità respiratoria. La respirazione consapevole è quella diaframmatica, che dinamizza tutta la parte alta del nostro corpo. La regola che ci accompagna, durante le ascese in montagna, è “Io sono il mio respiro”: sentirsi tutt’uno con lui e, di conseguenza, acquisire un maggior controllo di ciò che ci circonda.
Prima ancora di iniziare il trekking, è consigliabile allenare la respirazione profonda con esercizi progressivi e graduali:
Seduti, inspiriamo lentamente dal naso, gonfiamo l’addome, espandiamo la cassa toracica, solleviamo le clavicole. Quando siamo giunti alla massima profondità, espiriamo sgonfiamo l’addome, comprimiamo la cassa toracica e abbassiamo le clavicole. Nelle ripetizioni successive aiutiamo l’inspirazione sollevando le braccia e l’espirazione abbassandole.
Una volta sul terreno di escursione, proviamo a misurare il ritmo del nostro respiro: ad esempio, se l’inspirazione dura il tempo di due passi e l’espirazione il tempo di tre passi, abbiamo un ritmo 2-3 (l’inspirazione è più breve dell’espirazione). Se questo ritmo si pone come naturale, inizialmente seguiamolo, ponendoci però l’obiettivo di renderlo progressivamente più regolare, ossia portarlo a 2-2 o a 3-3.
La respirazione consapevole, oltre ad essere salutare per il nostro corpo, rende più lucida la mente e favorisce parentesi di sollievo da ansia, preoccupazioni, foga. Sprigiona nuove energie, riduce la stanchezza e dona una sensazione di pace e rilassamento. Attivarla nel corso di escursioni ci permette poi di adottarla con naturalezza anche nella quotidianità, scoprendo nuove, dimenticate dimensioni del nostro corpo e del nostro spirito.
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