“Aspettare è ancora un'occupazione. È non aspettare niente che è terribile.”

Il mestiere di vivere. Diario (1935-1950)
Cesare Pavese

Dalla saggezza di Pavese nasce una riflessione interessante. Cosa stiamo aspettando noi?

Aspettiamo che riparta la città, rivogliamo il movimento. Chi corre indaffarato verso il treno o la metro. Chi prende il caffè dal barista di fiducia. Chi ride e chiacchiera nei locali. Aspettiamo di rivedere qualcuno, di abbracciare i nostri cari, di poter fare una passeggiata al parco, di bere qualcosa con gli amici. Aspettiamo però anche di riprendere a lavorare a pieno ritmo, per poter riacquistare la serenità di pagare le bollette o le spese. Siamo qui, chiusi in quattro mura, chi più chi meno a proprio agio, chi solo, chi in compagnia, ognuno con una lista di lamentele che non finisce mai, alcune reali, altre no. Un giorno siamo attivi e ritinteggiamo casa, un altro rimaniamo a letto a guardare il soffitto.

Ma cosa stiamo aspettando noi?

Interroghiamoci sul concetto di catena virtuosa: io faccio qualcosa e la mia azione ricade in modo positivo nella vita di qualcun altro. Una sorta di domino innescato da un’incredibile energia positiva.

Ciascuno di noi è una tessera. Se cade uno, cadono tutti. Come nel domino, anche nella vita reale. Non importa chi sia il primo a partire, l’importante è che il meccanismo virtuoso abbia inizio.

La quarantena va avanti, ma chi di noi può ancora lavorare deve farlo al massimo delle forze, nella consapevolezza di poter far ripartire il lavoro di qualcun altro, e poi di qualcun altro ancora. Continuare a fare ciò che si ama significa sostenere anche gli altri. Non bisogna arrendersi alla stasi, all’attesa passiva. Ogni giorno è necessario affinché ciascuno faccia la propria parte, piccola o grande che sia. Ogni azione è fondamentale per fare la differenza. Giochiamo questa nuova partita. Cosa aspettiamo?