Che lenti porti?


Pensiero Laterale

13 Giu 2019

Ci fidiamo del nostro istinto, delle nostre prime impressioni. Ci fidiamo talmente tanto che quando ci sbagliamo ne rimaniamo sorpresi. Forse se dubitassimo un po’ di più potremmo vedere le mille sfaccettature di ciò che ci circonda.

8:30 di mattina. Prima ora. Lezione di filosofia.
Non so cosa sia passato per la mente dei miei professori quando hanno deliberatamente stabilito che il venerdì nelle prime due ore avremmo seguito filosofia, materia che detesto nel profondo. Davvero non capisco il perché siamo costretti a studiare gli assurdi voli pindarici di tutti coloro che hanno avuto la possibilità di lasciarne testimonianza. È normale studiare di gente che credeva che l’uomo si è sviluppato per la prima volta dentro un pesce e che questo si è volontariamente suicidato arenandosi sulla spiaggia per fare uscire il suo “piccolo” ospite? Non penso.
È un aprile stranamente afoso, sono ancora in fase di dormiveglia e il professore ci annuncia che oggi parleremo di Kant, nello specifico della Critica della ragion pura. Avrei un’ottima ragion pura per tornare a letto e rimanerci tutto il giorno.
“Secondo Kant, la mente dell’uomo possiede già alla nascita una struttura che gli consente di vedere il mondo e tutto ciò che ne fa parte in un modo ben definito.”
Osservo i miei compagni, sui loro volti espressioni cariche di sonno, di sfacciata noia, di frustrazione. Saremo interrogati il prossimo mercoledì su questa lezione e le premesse non sono rosee. Siamo tutti nella stessa drammatica condizione di incomprensione massima. Tutti tranne Claudia. Quella dannata secchioncella amante spasmodica della filosofia, l’unica che ne capisce qualcosa, l’unica che riesce a prendere bei voti. Attentissima alla lezione, prende appunti fitti fitti.
“Ogni essere umano nasce con un paio d’occhiali, una lente per lo Spazio, l’altra per il Tempo. Queste due lenti rappresentano il campo della Sensibilità, cioè il modo in cui percepiamo tutto ciò che ci circonda. È una capacità innata.”
Non ci siamo quasi mai parlati, io e Claudia, eppure siamo nella stessa classe da quattro anni. Non so se sia quell’aria da saccente che si ritrova a farmela stare antipatica, o il fatto di stare sempre sulle sue, o il suo ridicolo portarsi sempre in giro un libro sottobraccio, ma la mia avversione nei suoi confronti è stata immediata, fin dai primi giorni di scuola.
“Kant ci pone di fronte alla domanda: se al posto delle lenti Spazio e Tempo, un uomo fosse nato con indosso un paio di occhiali dalle lenti blu, sarebbe convinto che gli alberi sono blu come il cielo, che ogni cosa è blu e solo blu. Avrebbe cioè una visione della vita completamente alterata rispetto a quella degli altri essere umani. Ma per lui, nato con le lenti blu, la realtà che conosce è l’unica possibile. Ora provate a immaginare cosa può significare per quell’uomo togliersi gli occhiali e scoprire che il mondo è completamente diverso da come lo conosceva, immaginate di…”
Uscito dall’aula avevo rimosso ogni singola parola di ciò che il professore aveva spiegato, avevo completamente scollegato il cervello.

Nel fine settimana mi ero chiuso in biblioteca, manuale di filosofia davanti e nella mente il vuoto più totale. Ero bloccato alle Categorie dell’Intelletto, pagina che credo di aver letto almeno tre volte senza capirci nulla. Il mio era un tentativo disperato.
Ad un certo punto, qualcuno spostò la sedia accanto alla mia. Maledizione, era Claudia. Vorrà raccontarmi di come è stato semplice per lei capire i “giudizi sintetici a priori” pensai. Sorprendentemente, mi chiese se avessi voglia di ascoltarla mentre ripeteva tutto quello che aveva studiato, le serviva per ricordare meglio i concetti.
Non so se sia stato lo shock per la sua improvvisa confidenza o il bisogno estremo che qualcuno mi spiegasse le idee di Kant per poterle afferrare, ma rimasi in silenzio mentre lei mi raccontava tutto in modo chiaro. Dopo un intero pomeriggio passato ad osservarla, mi ero reso conto che non aveva alcun bisogno di ripetere. Piuttosto si era resa conto perfettamente di quanto io fossi in difficoltà e avessi bisogno del suo aiuto. Le fui particolarmente grato, la mia interrogazione fu un discreto successo.
Da quel momento, cominciai a vederla in modo diverso, quella gentilezza inaspettata aveva innescato in me il germe del dubbio. Forse non era la secchiona antipatica che mi ero immaginato, forse era solo timidezza la sua, ben celata, ma semplice timidezza.
Seguendo il ragionamento di Kant, mi ero finalmente tolto i miei occhiali blu, avevo cambiato radicalmente prospettiva e all’improvviso la vedevo in modo completamente diverso.

Presto diventò la mia migliore amica.

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